Tre non è sempre il numero perfetto. Sicuramente non lo è quando devi addormentare i tuoi tre nanerottoli (che non si addormentano da soli per nulla al mondo, nonostante tu le abbia provate tutte, o almeno sei convinta di averlo fatto) e tutti e tre ti vogliono vicino. In quel caso tre sono troppi.
È una partita persa in partenza lanciarsi in azzardati calcoli combinatori per dimostrare alla prole urlante che “se sto in mezzo tra te e tuo fratello non posso essere anche vicino a Davide” e che “se mi metto tra te e Michi, immediatamente Vangio ti scavalca e mi salta in groppa” e che “se sto tra te e il muro allora gli altri due escono pazzi e scoppia il finimondo”.
Sicuramente il letto-senza-soluzione-di-continuità – il triplice tatami dove dormono i bimbi, uno di fianco all’altro a inizio sonno e uno sopra l’altro o al posto dell’altro dopo qualche ora – non aiuta l’autonomia dei piccoli nel momento di addormentarsi, visto che nel loro mega lettone, per una persona in più, c’è sempre posto, figurarsi poi per una mamma magrina magrina.
Così tutte le sere, tra le otto e mezzo e le nove, dopo il passaggio obbligato in bagno (cacca, pipì, bidet, mani, faccia, denti), dopo il quotidiano match di wrestling nel quale si affrontano in memorabili incontri, sul triplice tatami da combattimento, sempre gli stessi avversari (i tre astuti little Mongi brothers contro il forzuto big Mongi daddy), dopo varie soffiate di naso, dopo le coccole mentre uno aiuta l’altro a infilarsi il pigiama, dopo la storia inventata, dopo qualche canzone del repertorio scout e qualche altra di Vasco, dopo plurimi e pressoché inascoltati inviti al silenzio, dopo dopo dopo, mi ritrovo sdraiata anch’io sul triplice tatami, tra un bimbo e l’altro, spesso con il terzo avvinghiato a un braccio, che penso a quanto tempo dovrò stare lì prima che i tre little Mongi brothers crollino esausti e io possa alzarmi silenziosa, uscire furtivamente dalla cameretta e raggiungere di là il forzuto big Mongi daddy (che è poi sempre e ancora mio marito), con il quale, a addormentamento bambinesco avvenuto, ci troviamo a chiacchierare o a guardare un film, troppo spesso uno di fianco all’altro mentre pieghiamo sul mensolone della sala, in un’interrotta catena di montaggio, montagne di calze e mutande .
Stasera ci sarò stata una dozzina di minuti, lì sdraiata sul triplice tatami, ad aspettare l’addormentamento. Circa 6120 secondi nei quali mi sono arrivati una tempesta di piedini calcianti sulla schiena, un pugno a bruciapelo nell’occhio sinistro, un rutto in un orecchio, due graffi sul collo, uno starnuto in faccia e un paio di tirate di capelli. Ma anche carezze leggere, bacetti dolci, parole segrete, respiri vicini, manine morbide che cercano le tue, piedini caldi che si attorcigliano intorno alle tue caviglie.
Quando tutto tace e nessuno si muove è il momento di fuggire.
Qualche ora fa, mentre ormai con un piede ero giù fuori dal letto, sento una vocina: “Mammina – fa Michi – i pompieri tu lo sai cosa fanno?”. La domanda mi spiazza, non rispondo subito, forse è un sogno penso tra me e me. Michi allora mi toglie ogni dubbio: “Mangiano polpette – continua. – Non lo sapevi eh?” La risposta mi spiazza più della domanda. Ormai sono certa che sia un sogno. E invece ancora una volta Michi mi riporta alla realtà: “Mammina, sei stanca. Vai a metterti il pigiama adesso”. Ha ragione lui, vado. Buonanotte.
colonna sonora: Neve Ending Story. Limahl