Ho bisogno di un compagno,
ho capito che da sola non ce la posso fare.
Ho bisogno di qualcuno che corra di fianco a me (rispettando la distanza di sicurezza, ovvio), o di qualcuno che mi segua in bici, che spezzi la monotonia della strada con una battuta, che mi racconti qualcosa, che stia con me.
In questo periodo siamo obbligati a stare e fare da soli, per la questione di Quello.
Il distanziamento sociale è la cura, blocca la diffusione, non ci sono dubbi.
Ma allo stesso tempo stare lontani è solo un rimedio temporaneo: non cura il virus, lo tiene solo a bada. La classica pezza.
Fragile come tutte le pezze, perché l’attacco di panico collettivo, con orde di famiglie esasperate dall’isolamento che abbandonano le proprie case e si riversano in strada cercando altre famiglie da abbracciare, non è uno scenario troppo fantascientifico.
E tra l’altro la pezza tiene solo se inserita in una tessitura ramificata di pezze che attiva uno per uno tutta la collettività.
Il dilemma del prigioniero non è mai stato così chiaro.
Individuale e collettivo non sono mai stati così vicini come in questo momento.
L’ho capito correndo su e giù per via Sadoleto.
colonna sonora: Things are changed, Bob Dylan