Irughegia è una città. E un sogno.
La storia di Irughegia me l’ha raccontata mio figlio Davide, a tre anni e un po’:
Irughegia è una città.
Più grande di Londra.
E’ lontanissima, bisogna andarci con l’aereo.
L’aereo dei falegnami, un aereo specialissimo.
Le ali sono attaccate con i chiodi. Lo guida un coniglio che si chiama Luca. Con il casco giallo dell’Eni. Che guida fortissimo.
C’è la nebbia, la neve, Babbo Natale, gli sci, gli snowboard.
Ma non ci sono i meastri di sci. Solo quelli di snowboard.
A Irughegia c’è un falegname. Adesso non c’è più. Era vecchio. E’ in cielo.
Era buonissimo, dolcissimo. Portava delle cose dolcissime.
La cioccolata, le caramelle, i legnetti, gli sci, lo snowboard, gli armadi, le cose da piscina.
Ci sono moltissime piscine a Irughegia. Una per i bimbi grandi, una per quelli piccolissimi, una per i nonni, per le nonne, tantissime per i genitori,una per i fratellini.
“ti voglio bene come un elicottero che va a Irughegia, mamma!”
Mi sembrava un nome evocativo, di qualcosa di magico e fantastico.
Non ho fatto fatica a sceglierlo, ce l’avevo dentro.
Suona difficile. Ma a me anche molto familiare e caro.
Come il progetto che racconto in questo blog.
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