In macchina in direzione del mare, io al volante, i Mongi boys dietro, la radio rotta, ho ascoltato la seguente conversazione: Giovi affacciato al finestrino dice: “Là in fondo c’è Marese”. “Da quella parte della rotonda?” lo incalza Dadi. “Sci sci” risponde Giovi muovendo la testa su e giù. “Quella ciminiera là è a Marese?” chiede Michi per circoscrivere i confini. La risposta di Giovi è ancora affermativa. Attraversiamo una campagna piatta, disseminata di ciminiere e cartelloni pubblicitari.
Sarà colpa della tangenziale tentacolare attorcigliata intorno a Ravenna o del fatto che non riesco a far partire il navigatore, ma dopo qualche tentativo a vuoto arriviamo a Punta Marina senza passare da Marese, che rimane “là in fondo”, nascosto dietro i cartelloni pubblicitari, all’ombra della ciminiera.
Marese sta a Giovi come Bembo sta a Michi, è una loro esclusiva, qualcosa che conoscono solo loro, e di cui solo loro sono titolati a parlare: nel caso di Michi si tratta del suo amico invisibile, Giovi invece si è inventato una città dove “una volta ci è andato con i suoi amici con l’astronave e ci ha messo cinque ore”.
Se Michi telefona a Bembo, dopo Dadi gli chiede serio come stava sua sorella Dindi e cosa stava facendo Bembo e quando ci veniva a trovare; e se è un po’ che Michi non lo nomina (avvenimento abbastanza eccezionale) tutti in famiglia ci preoccupiamo di quello che potrebbe essere successo a Bembo e chiediamo a Michi spiegazioni, visto che lui è l’unico che ha un rapporto diretto con Bembo. Questo fatto di Bembo ha costruito intorno a Michi un potere particolare, riconosciuto da tutti, che inverte i ruoli tradizionali di una famiglia, in cui le risposte le hanno i genitori o al massimo il fratello maggiore e agli altri tocca solo fare le domande. Nel caso di Bembo invece è Michi ad avere l’esclusiva, lui racconta di Bembo, gli altri, grandi e piccoli che siano, stanno ad ascoltare senza mai dubitare, mettere in discussione, contraddire.
Forse attirato da quel potere magico che trasfigura Michi mentre parla di Bembo, che lo fa salire su una cattedra immaginaria a dispensare Verità, allo stesso modo anche Giovi si è creato il suo regno, un posto magico dove è stato solo lui e del quale solo lui sa. Si chiama Marese la città di Giovi, una città che sta sempre “là in fondo”, dietro a una casa, dopo la rotonda, oltre la montagna, a seconda di dove siamo ma sempre “un po’ più in là”. Marese è un posto molto pericoloso perché ci sono i cavalieri, è una città fatta di case di carta e piena di alberi altissimi che sono di vetro e se li tocchi ti pungi. Quando parla di Marese Giovi si atteggia a esperto, quando qualcuno gli chiede di Marese gli si illuminano gli occhi, Marese è la pappa reale potenziata di Giovi, basta nominarlo che gli si gonfia il petto, gli si tendono le gambe, gli si allunga il collo e lo potresti tranquillamente scambiare per un bimbo che va già allalemantali [NdT: la scuola primaria, comunemente denominata scuola elementare, rappresenta in Italia il primo livello della catena dell’istruzione obbligatoria: la sua durata è di cinque anni, inizia all’età di sei anni, segue la scuola dell’infanzia e precede la scuola media].
Nota: poco prima di tornare a casa e lasciare i Mongi boys al mare con i nonni ho chiesto a Dadi se prendeva appunti su quello che raccontava Giovi a proposito Marese. Nell’immagine un estratto di questi appunti.
colonna sonora: Romagna mia, Nobraino